Vegetarianesimo e Cina: una storia lunga secoli
L’articolo fa parte della rubrica “Dialoghi: Confucio e China Files” nata in collaborazione con China Files.
Articolo a cura di Sabrina Moles.
In Cina la dieta vegetariana è tornata alla ribalta negli ultimi anni, ma questo stile di vita ha profonde radici culturali: oggi che cosa spinge i giovani cinesi a non mangiare carne? Questa scelta può avere un impatto sull’ecosistema?
Carne? No, grazie. Sono sempre di più i giovani cinesi che decidono di avvicinarsi alla dieta vegetariana, spinti da una maggiore sensibilità verso le tematiche ambientaliste. Circa il 5% della popolazione cinese afferma di essere vegetariana, quasi 72 milioni di persone che non mangiano carne. Un tempo questa scelta veniva fatta soprattutto per motivi culturali e religiosi. Oggi, invece, si diventa vegetariani anche per riscoprire uno stile di vita più sano, più sicuro e che contribuisce a ridurre l’impatto ambientale dell’industria della carne e della pesca.
Questa nuova visione dei consumi alimentari recupera in realtà molti principi daoisti e buddisti. Secondo la maggior parte degli storici, è durante il periodo degli Stati Combattenti (453 a.C.-221 a.C) che in Cina inizia a prendere piede il culto del vegetarianesimo, stimolato dal nuovo approccio verso la natura predicato dal daoismo. Astenersi da carne e pesce significava raggiungere uno stadio di purezza più alto, adatto alla meditazione e alla contemplazione. Più tardi, sotto la dinastia Han (202 a.C-220 d.C.), anche il buddismo inizia a diffondersi in Cina, portando con sé i valori della compassione verso tutti gli esseri viventi. Le due scuole hanno dato vita a nuove forme di cucina, conosciute in Cina sotto la definizione di 寺院菜 sìyuàn cài, “i piatti del tempio”.
Un’altra forma di cucina vegetariana che risale al passato è una branca della famosa “cucina imperiale”, 宫廷素菜 gōngtíng sùcài. Il ruolo dei piatti vegetariani nella cucina imperiale era legato ai rituali di purificazione, che avvenivano in preparazione di un evento importante: dopo un bagno, l’imperatore sosteneva un periodo di astinenza da carne, alcol e pesce.
Viene riconosciuta anche un terzo tipo di cucina vegetariana “popolare”, chiamata 民间素菜 mínjiān sùcài, conforme “ai valori della compassione, benevolenza e sentimento morale”. Forse da questa ultima forma di vegetarianesimo rinasce l’attenzione dei cinesi verso una dieta che predilige verdura e proteine vegetali.
Se in Cina nel 1960 il consumo di carne pro capite era di 5 kg all’anno, ora si stima che un cinese della classe media arrivi a superare i 48 kg di consumo individuale. La fetta dei consumi di carne della Cina arriva così a coprire il 28% dell’approvvigionamento di carne globale, con 694 milioni di tonnellate metriche di pesce e crostacei consumate ogni anno. Secondo un rapporto di WildAid, questo trend aggiungerebbe all’atmosfera 233 milioni di tonnellate in più di gas serra ogni anno. Non è un caso, quindi, che anche il governo si sia spesso schierato dalla parte dei vegetariani, invitando a razionalizzare il consumo di carne come strategia per abbattere le emissioni di gas climalteranti.
Un tempo in Cina non era semplice trovare dei ristoranti vegetariani, anche se spesso i templi hanno un piccolo ristorante: in alcuni di questi si pratica una vera e propria arte, che fa sembrare piatti completamente vegetariani simili per aspetto e consistenza alla carne. Il mercato dei prodotti sostitutivi della carne è in forte crescita e, secondo le previsioni, questa tendenza proseguirà nei prossimi anni. Questo ha attirato l’interesse sia di compagnie internazionali sia di produttori locali. Colossi della ristorazione come KFC, Burger King e Starbucks hanno iniziato a proporre delle alternative vegetariane anche nei punti vendita cinesi, aprendo le porte al fenomeno della carne sintetica Beyond Meat in Asia. Questo nuovo prodotto ha stimolato la nascita di numerosissime start up, come la OmniFoods di Hong Kong, che dal 2018 fornisce diverse catene di ristorazione, oppure la shanghaiese Z-Rou che ha stipulato contratti con le mense di scuole, ospedali e multinazionali. Ma ci sono anche Zhenmeat, Starfield e tante altre ancora che, partendo dal concept di prodotti proteici 100% vegetali, stanno pian piano conquistando i consumatori cinesi.
Se la tendenza a consumare meno carne in Cina continuerà ad aumentare, ci saranno grandi opportunità che l’intero settore abbia un impatto globale rilevante: una maggiore domanda aiuterebbe ad abbassare i prezzi di prodotti ancora costosi per le tasche dei cinesi, ma non solo. Un aumento dei vegetariani tra i giovani potrebbe rivoluzionare il modo in cui i cinesi si approcciano alla sostenibilità e al cibo, dove ancora oggi la carne è associata allo status sociale.
Letture consigliate:
Cucina vegetariana cinese di Jack Santa Maria: ricettario cinese con annesso glossario.
Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro di Jacques Attali – uno dei maggiori intellettuali francesi racconta la storia e il ruolo del cibo in diverse culture e società, ma anche le sfide future dell’alimentazione globale