Dialoghi – La cultura del caffè conquista anche le campagne cinesi

Maggio 2025

Il binomio Cina-caffè non sorprende più ormai da tempo. Nella nazione dei grandi bevitori di tè e dei centinaia di milioni di consumatori, il settore caffeicolo registra un tasso di crescita a doppia cifra. E non sono solo le grandi metropoli a veder nascere caffetterie indipendenti attente alla qualità del prodotto: la coffee wave ha raggiunto le aree rurali ed è raccontata come un modello sostenibile per la rivitalizzazione rurale. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano.

Di Vittoria Mazzieri

Negli ultimi anni il settore del caffè in Cina ha registrato una crescita molto elevata se paragonata alla media internazionale. Dal 2010 il consumo cresce a un tasso medio annuo del 21%. Quello mondiale si attesta all’1,8%. In India, paese che come la Cina vanta una lunga tradizione legata al tè, non si supera l’1,6%. 

Caffè e status

La peculiarità del caso cinese non si spiega solo per la presenza di un enorme bacino di potenziali consumatori. In Cina il caffè è funzionale all’affermazione di uno status o a quelle caratteristiche soggettive che delineano una persona perlopiù giovane, cosmopolita, alla moda. I tempi in cui, negli anni Ottanta e Novanta, le prime miscele solubili della Nestlé venivano consumate perlopiù dagli studenti universitari è ormai lontano (lo avevamo raccontato in una precedente puntata di Dialoghi, in cui avevamo tracciato l’origine e lo sviluppo della coffee culture nella Repubblica popolare). È acqua passata anche l’era in cui fa capolino nel paese la prima caffetteria: è il 1999 e Starbucks in quell’anno apre un record di 625 negozi nel mondo, uno dei quali proprio a Pechino.

Negli anni i brand nazionali sono stati capaci di occupare lo spazio prima riservato ai marchi stranieri. Malgrado la battuta d’arresto del 2020 dovuta all’indagine interna della China Securities Regulatory per presunta frode finanziaria, il fatturato della catena di caffetterie cinese Luckin Coffee torna ben presto a crescere. Nel 2023 tocca quota 25 miliardi di yuan (3,5 miliardi di dollari), segnando un aumento dell’87% rispetto all’anno precedente e riuscendo a superareStarbucks. In quell’anno la società cinese conta oltre 13 mila punti vendita nel paese, mentre la multinazionale di Seattle non raggiunge i 7 mila. 

Un risultato a cui hanno contribuito la sua rapida espansione nelle maggiori città del paese, la possibilità di acquisto in app dalla sua fondazione nel 2017 e i prezzi competitivi, ma anche la capacità ben rodata in Cina di adattare il prodotto ai sapori più convenzionali per i palati locali. Un esempio è stata la collaborazione tra Luckin e Moutai, uno tra i più pregiati marchi di baijiu, il distillato a base di cereali onnipresente in cerimonie e incontri sociali di vario tipo: un connubio, di cui abbiamo parlato qui, che ha dimostrato anche e soprattutto la loro capacità di mettere a punto mirabolanti operazioni di marketing. A soli quattro anni dalla bancarotta dichiarata nel 2021 a seguito delle indagini, Luckin sembrerebbe anche pronta a fare il grande salto negli Stati Uniti: la notizia, riportata dal Financial Times, vedrebbe in realtà Luckin pianificare la sua prima sede negli Usa già dallo scorso anno, forte anche dei successi a Singapore (dove conta oltre cinquanta punti vendita) e dell’inaugurazione del mercato malaysiano. 

Caffetterie indipendenti in città..

Ma le catene di caffetterie ormai pronte a valicare i confini nazionali non sono le sole a soddisfare i bisogni di caffeina dei cinesi. Le analisi di mercato sono concordi nel definire i bevitori di caffè nel paese ormai sempre più istruiti e alla ricerca di prodotti di qualità. Delle oltre 9.000 caffetterie presenti a Shanghai, che le hanno permesso di aggiudicarsi il titolo di “capitale mondiale del caffè”, circa il 55% sono indipendenti.

A proposito di combinazioni creative. L’autore di questo articolo pubblicato su Medium ha condotto un vero e proprio coffee tour a Shanghai assaggiando bevande come la Lichee Egg Iced Latte, “un delizioso latte al litchi con un latte art a forma di uovo fritto” e sperimentando bevande a base di caffeina degne della migliore tradizione mixology: “drink deliziosi, equilibrati e presentati in modo splendido”.

La fase di riapertura post-pandemia di Covid-19 ha dato una nuova spinta alla cultura del caffè, vista la rinnovata volontà di spendere il tempo in maniera conviviale e all’aria aperta. Nuovi locali sono spuntati pressoché ovunque a Shanghai e la competizione è ormai accanita. I margini di guadagno, invece, non sono altissimi. La proprietaria di Hidden Track, caffetteria nel centro città, appena dietro il tempio buddhista di Jing’an, ha detto alla BBC che “bisogna acquistare macchinari costosi e investire un sacco di soldi nell’arredamento. Si guadagnano cifre molto basse rispetto ad altri settori”. 

Sempre alla BBC il gestore del bar R1070 racconta che per soddisfare i suoi clienti alla ricerca di miscele sempre più perfezionate ha scelto di importare i chicchi direttamente dal Giappone. Lamenta che le tensioni in Yemen ed Etiopia hanno avuto un impatto sul settore, con la conseguenza che “i chicchi di caffè di buona qualità sono sempre meno disponibili, mentre il numero di consumatori di caffè continua ad aumentare”.

.. e in campagna

La cultura del caffè in Cina non è più appannaggio solo dei bar con vista Bund. Le pressioni legate al crescente costo della vita nelle metropoli e alle risicate opportunità lavorative sta dando forma alla cosiddetta “migrazione inversa”, con cui ci si riferisce alla tendenza in crescita che vede le persone spostarsi da città di prima e seconda fascia, tradizionalmente luogo di arrivo per i migranti interni, a città più piccole o ad aree delle province interne che possono garantire una migliore qualità della vita. Una scelta condivisa dai cosiddetti nomadi digitali, un fenomeno che ha aperto un dibattito sulla sostenibilità di vivere in luoghi più convenienti restando ospiti e non contribuendo davvero allo sviluppo di quelle comunità (ne avevamo parlato in questa puntata di Dialoghi di inizio 2024). In ogni caso i dati testimoniano che le città di terza e quarta fascia sono sempre più attrattive, in quanto soffrono meno le incerte prospettive economiche e i costi della vita sono decisamente più abbordabili (anche questo tema ha trovato spazio in Dialoghi, qui). 

Le tendenze che prima nascevano e restavano circoscritte nelle metropoli raggiungono ora i centri più piccoli, plasmando caratteristiche specifiche a seconda dei luoghi. Osservarle significa comprendere le abitudini della stragrande maggioranza della popolazione, visto che ad oggi solo il6% dei cinesi risiede in città di prima fascia. 

Un caso studio interessante, di cui ha parlato un recente articolo in cinese del Southern People Weekly, è Anji, contea nella provincia dello Zhejiang, a una manciata di ore in macchina da Shanghai e Hangzhou. È un luogo turistico, circondato da fitte foreste di bambù e con un abbondanza di strutture ricettive e turistiche. E di caffetterie. Ad Anji vivono 600 mila persone e ci sono 300 café, con un numero pro capite perfino superiore a Shanghai. 

L’articolo sostiene che c’è una differenza netta tra la cultura del caffè nelle città e quella che si è sviluppata nelle aree zone rurali: la prima evidenzia le caratteristiche cosmopolite di un luogo e si plasma su soluzioni specifiche per chi lavora e va di fretta; la seconda nasce per promuovere la natura e il relax. Le foto a corredo dell’articolo mostrano locali rustici immersi tra colline verdeggianti e ruscelli limpidi. In genere si tratta di locali alla moda, con ampi dehoor, poster alle pareti ed elementi di design. Un bar nel villaggio di Shanchuan ha posizionato degli ombrelloni bianchi e delle sedute per gustarsi le bevande vicino a una cascata, mentre un altro ha riqualificato un sito estrattivo abbandonato. Un altro ancora è stato costruito dentro una vecchia centrale idroelettrica. Le “caffetterie di villaggio”, scrive l’agenzia di stampa cinese China News Service a inizio maggio, “stanno diventando una tappa obbligata nelle rotte del turismo rurale dello Zhejiang”.

L’impatto turistico e sociale

Le startup legate al caffè simboleggiano una rinnovata vitalità imprenditoriale per le comunità rurali. Il modello di business, definito “un villaggio, un paesaggio, un caffè” (一村、一景、一咖啡 yicun, yijing, yikafei), attinge al desiderio di giovani turisti di fare esperienze di viaggio uniche, lontano dal caos e dall’omologazione urbana: mentre si passeggia nella natura rigogliosa, si possono scovare angoli dal sapore inesplorato, deliziose caffetterie pronte a coccolare i clienti con prodotti di qualità (di certo non proprio economici). Una versione del nostro “vita lenta” in chiave cinese. 

L’impatto del settore caffeicolo nel tessuto economico della provincia è racchiuso nell’espressione “due investimenti, tre guadagni” (两入股三收益 liang rugu san shouyi), che vale in generale per tutte le attività imprenditoriali nell’area: cittadini e istituzioni collaborano per garantire un modello di partnership tra imprenditori e ambiente circostante; le attività (bar inclusi) fanno uso delle risorse degli agricoltori, che ritornano agli stessi in termini di “rendite e stipendi”, ma anche “dividendi azionari”, visto che nei “due investimenti” citati nell’espressione rientra sia quello del proprietario del bar sia quello degli abitanti del villaggio, che diventano così “azionisti” dell’attività. Il governo locale sta contribuendo tramite politiche di sostegno ai piccoli imprenditori, prestiti e miglioramento delle infrastrutture (Wi-Fi, servizi igienici, nuove strade e parcheggi). 

Il modello è raccontato dai media come una via ormai rodata, che sta già garantendo risultati nell’ottica della rivitalizzazione rurale. Il governo di Tonglu, altra contea dello Zhejiang a prevalenza agricola, ha fatto sapere che durante la festa di Qingming di inizio aprile (chiamata anche giorno degli antenati o della pulizia delle tombe), si è registrato un totale di 319 mila turisti, un incremento superiore al 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Alcune “caffetterie di villaggio” hanno contato oltre 5 mila clienti, disposti a fare mezz’ora di fila per gustarsi un buon caffè dal sapore campagnolo: questo e altro per immergersi in un ambiente, si legge nel comunicato, in cui “il rumore della macchina del caffè risuona con il ruscello e l’aroma del latte si mescola alla brezza pastorale”.

Gli articoli suggeriscono che per sopravvivere in un mercato in crescente competizione serva differenziarsi e iniziare a offrire di più del semplice luogo-che-vende-caffè: ad oggi molti nascono all’interno di mercati cittadini, offrono attività sportive e di avventura, o ancora organizzano festival musicali ed eventi culturali locale per attirare i visitatori.

Il caso Yunnan

Prima di concludere l’articolo è d’obbligo spostarsi a sud-ovest del paese. Questo perché malgrado gli esperimenti che si riscontrano altrove, è nella provincia dello Yunnan che si percepisce maggiormente l’impatto della coffee wave cinese. Con oltre 2,3 milioni di sacchi, lo Yunnan produce circa il 95% della produzione annua cinese. Il restante 5% è coltivato tra Fujian, Hainan e Sichuan. Ma la domanda di caffè nel paese dipende ancora fortemente dalle importazioni, il 96% delle quali proviene da Brasile, Etiopia, Colombia, Vietnam, Indonesia, Guatemala e Uganda. 

Il settore caffeicolo dello Yunnan ha fatto passi da gigante, forte anche del riconoscimento ottenuto nel 2010, quando la Cina ha ricevuto la prima designazione di prodotto a indicazione geografica (IG) legato al caffè, con l’Arabica Baoshan coltivata nel villaggio di Xinzhai. Una combinazione di altitudini elevate, sole abbondante e notti fresche garantiscono un prodotto di qualità e permettono agli agricoltori di adottare pratiche ecocompatibili e sperimentare altre varietà. Dal 2022 la percentuale di caffè pregiato è aumentato dall’8% a circa il 25% della produzione totale. 

In un recente tour nella provincia, lo scorso marzo, Xi Jinping ha esortato i funzionari ad accelerare lo sviluppo del turismo e a “promuovere la trasformazione e l’ammodernamento industriale” nella floricoltura e nella coltivazione dei chicchi di caffè, compiti definiti come fondamentali per uno sviluppo di alta qualità. Anche l’università si sta muovendo in tal senso: a luglio del 2024 la Yunnan Agricultural University ha presentato il primo corso di laurea in Scienza e Ingegneria del caffè dell’intera nazione.