Dialoghi – La Cina ha ancora bisogno delle biblioteche
Giugno 2025

Il numero delle biblioteche pubbliche in Cina è piuttosto basso, in rapporto alla popolazione, eppure negli ultimi anni il loro valore sociale è tornato a crescere sensibilmente. Le biblioteche cinesi hanno iniziato a offrire vari tipi di servizi alle comunità che le ospitano, e piacciono a chiunque voglia staccare dalla frenesia della quotidianità. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano.
di Francesco Mattogno
Nella Repubblica Popolare Cinese esistono poco più di tre mila biblioteche pubbliche. Erano 3.246 alla fine del 2023, qualche decina in meno rispetto alle 3.303 del 2022, mentre mancano ancora i dati relativi al 2024. È una cifra che ristagna da anni e che non tiene conto delle filiali distaccate di molte biblioteche (túshūguǎn, 图书馆), che dovrebbero far crescere il numero fino a un totale di circa 20 mila sedi in tutta la Cina. In ogni caso non tantissime, soprattutto paragonando il dato con quello di altri paesi (l’Italia per esempio ne ha 8 mila, ma per 59 milioni di abitanti).
Fino a qualche anno fa mancava una biblioteca persino nel distretto di Beilin, uno più centrali di Xi’an, dove vivono quasi 650 mila persone. Le cose sono cambiate nel 2020 con la nomina a vicedirettrice ad interim dell’Ufficio Cultura, Turismo e Sport di Beilin della professoressa Yang Suqiu, che si è decisa a colmare il vuoto e dare una biblioteca al distretto. Ma non è stato facile.
Come ha raccontato in un’intervista a Sixth Tone, ha dovuto fare praticamente tutto da sola. Con gli scarsi fondi messi a disposizione dal governo locale, Yang ha dovuto comprare un numero di libri (túshū, 图书) che rispettasse la quota minima di volumi da tenere in una biblioteca, prevista per legge, senza che questo compromettesse troppo la qualità della collezione. Per risparmiare è infatti normale che le biblioteche cinesi acquistino in grande quantità dei libri poco interessanti, ma economici, che alla fine nessuno legge o prende in prestito.
Ci sono stati poi altri problemi logistici, tra cui i ritardi nella costruzione dovuti al ritrovamento di reperti archeologici nel luogo in cui sarebbe dovuta sorgere la biblioteca, e varie critiche indirizzate alla stessa Yang, accusata dai funzionari locali di essere stata troppo dura nel descrivere in un articolo (che ha raggiunto in poco tempo decine di migliaia di persone su WeChat) i problemi cronici del sistema bibliotecario cinese. Yang non si è data per vinta, ha ultimato la costruzione della biblioteca e poi ha riassunto le sue peripezie in un libro intitolato “Perché il mondo ha ancora bisogno delle biblioteche”, che ha avuto discreto successo.
Una storia antica
La storia delle biblioteche in Cina è una questione antica, come spesso capita, anche se per millenni sono state molto diverse da come le conosciamo oggi. Le prime biblioteche non erano altro che degli archivi privati molto forniti, cioè delle collezioni di libri appartenenti a figure di alto rango, funzionari, templi e così via, e non potevano essere consultate liberamente dalla popolazione (per gran parte analfabeta). Si dice che le più antiche risalgono a un periodo che va tra i 3.000 e i 4.000 anni fa, ma le prime biblioteche “universitarie” davvero paragonabili a quelle di oggi non sarebbero sorte prima della metà della dinastia Ming (1368-1644), anche grazie al contributo dei missionari europei.
È però solo con l’arrivo del Novecento e la fine dell’Impero che in Cina iniziarono ad aprire delle biblioteche moderne, simili a quelle attuali, il cui numero è cresciuto in modo costante nel corso dei decenni contestualmente allo sviluppo economico, scientifico e tecnologico del paese, con però un grande buco in corrispondenza della Rivoluzione Culturale (1966-1976). Comunque, la loro funzione è variata molto nel corso decenni.
Se negli anni Quaranta (durante la seconda guerra mondiale e la guerra civile contro i nazionalisti) alcune biblioteche del nord-ovest venivano usate dai comunisti come base per dare ai rivoluzionari un’istruzione ideologica, culturale e scientifica, come successe anche nelle prime fasi del maoismo, è soprattutto a partire dal periodo di “Riforma e apertura” che le persone hanno iniziato a frequentare regolarmente le biblioteche per avere accesso a un’ampia gamma di informazioni. Magari arricchendo le proprie conoscenze rispetto a quanto si potesse imparare a scuola o all’università.
Con l’arrivo di internet questa funzione è progressivamente scemata e sempre più esperti, in Cina, sostengono che le biblioteche non dovrebbero essere più solo dei “luoghi in cui si collezionano libri”.
La Cina ha ancora bisogno delle biblioteche?
Oggi frequentare una biblioteca – in Cina e non solo – non significa più obbligatoriamente andare a leggere o a prendere in prestito dei libri. Ad esempio molti studenti universitari vedono la biblioteca come un luogo nel quale studiare in serenità e senza distrazioni. «Non so perché, ma a volte a casa mi sento inquieta e ho solo voglia di starmene a letto a scrollare il telefono. Il tempo passa velocemente e questo mi mette ansia, ma quando vado in biblioteca so che sono lì per studiare», ha detto una studentessa di farmacologia al China Daily, nel 2023.
Spazi verdi, aree relax, aule studio. Sempre più biblioteche cinesi oggi offrono un ambiente rilassante e sicuro, dove poter fare le proprie cose lontano dalla frenesia della vita quotidiana. Inoltre, studiare insieme ad altre persone instilla in molti un senso di motivazione e auto-disciplina, ma a frequentare le biblioteche non sono solo gli studenti. Anche anziani, famiglie e lavoratori le usano come un posto per rilassarsi, staccare, e per questo tante biblioteche hanno cominciato a restare aperte 24 ore su 24, offrendo anche bevande o veri e propri servizi di ristorazione.
Durante la notte il numero di visitatori è «notevole», assicura chi le frequenta. Tra loro c’è chi è iscritto a un master ma ha un lavoro full-time e può studiare solo molto tardi la sera, o di mattina presto, ma c’è spazio anche per persone vulnerabili o in difficoltà. Non sono poche le storie di persone aiutate dall’ospitalità delle biblioteche, che siano donne in fuga da un marito violento, disoccupati che non vogliono deludere le proprie famiglie, senzatetto. A volte servono persino come supporto in situazioni di emergenza: nel 2022, riporta The World of Chinese, la biblioteca di Zhengzhou ha fornito rifugio agli sfollati delle alluvioni in Henan.
La Legge nazionale sulle biblioteche pubbliche, entrata in vigore nel 2018, ha stabilito che molti dei servizi offerti dalle biblioteche dovessero essere gratuiti, e questo ha concesso a tutti la possibilità di partecipare a conferenze, corsi di formazione, campi estivi e via dicendo. Nonostante le critiche di chi resta ancorato a una vecchia idea di biblioteca, oggi le biblioteche pubbliche cinesi si stanno trasformando progressivamente in dei centri che offrono servizi alla comunità, senza distinzioni di reddito.
Ma come racconta la storia di Yang, le criticità restano. Aprire una biblioteca in Cina è quasi sempre un’impresa non indifferente, anche a causa di un generale disinteresse dei funzionari locali verso questo tipo di investimenti, ritenuti poco redditizi sia sul piano economico che politico (considerando pure che il tasso medio di lettura tra i cinesi non è poi così alto). Le differenze tra le zone rurali e urbane sono enormi, e la possibilità di accedere agilmente a una biblioteca varia anche a seconda della propria contea di residenza: alcune contee non ne hanno nessuna.
Eppure il valore sociale delle biblioteche non dovrebbe essere sottovalutato. «Sebbene esistano molte piattaforme online che condividono varie forme di conoscenza», ha detto Yang, «una delle maggiori differenze è che le biblioteche pubbliche saranno sempre gratuite e quindi accessibili a persone di ogni estrazione sociale. Le comunità online invece spesso hanno tariffe da pagare e barriere sociali da rispettare». Le biblioteche pubbliche gratuite, anche a seguito della loro trasformazione contemporanea, sono luoghi di equità, istruzione e lentezza. In sintesi, «sono istituzioni necessarie alla società civile moderna», ha concluso Yang. La Cina e il mondo ne hanno ancora bisogno.